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>>>ANSA/ Leone e Insolia, donne fragili di fronte alla maternità
In sala 'Amata' della Amoruso con Stefano Accorsi
(di Francesco Gallo) La vita di due donne destinate ad essere legate per sempre senza mai incontrarsi è al centro di 'Amata' di Elisa Amoruso, film legato alla maternità e ai suoi tabù come alla cronaca, già alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2025 e ora in sala dal 16 ottobre con 01. Da una parte c'è Nunzia (Tecla Insolia), studentessa fuori sede piena di vita che deve gestire una gravidanza non desiderata, ovvero capire una volta per tutte cosa fare del bambino. Dall'altra un caso opposto, quello di Maddalena (Miriam Leone), donna benestante sposata con il pianista Luca (Stefano Accorsi), in continua attesa di un figlio che non arriva. E questo nonostante vari tentativi e dolorosi aborti. Di fronte a queste due donne fragili per motivi diversi sembrano non esserci vie d'uscita, ma in realtà, come si vede nel film di Elisa Amoruso, una 'culla per la vita' e l'assistenza di una brava psicologa (Donatella Finocchiaro) possono portare un po' di luce nel buio della loro esistenza. "Volevo mandare un messaggio di grande solidarietà e speranza a tutte le donne che non si sentono pronte ad essere madri - dice all'ANSA la regista a Venezia -, in fondo quello di lasciare un bambino o una bambina in sicurezza in 'una culla per la vita' è un gesto difficile e coraggioso. Ho una figlia di dieci anni e capisco il problema". Cosa si può fare? "Intanto manca l'informazione, le 'culle per la vita' in Italia esistono, però tantissime donne non lo sanno come non sono a conoscenza del fatto che possono partorire in anonimato e lasciare poi il bambino in sicurezza. Una realtà questa che potrebbe evitare quei terribili fatti di cronaca come la storia di Cogne o di quella ragazza di Parma che seppelliva i neonati in giardino". C'è qualcosa di autobiografico? "Ho avuto un aborto spontaneo nel tentativo di avere un altro figlio ed è una cosa che poi ho scoperto succede a tantissime donne e di cui quasi non si riesce a parlare, comunque una perdita importante per me e per la mia famiglia". Qual è il genere in cui più si riconosce? "Sicuramente il genere drammatico, soprattutto quando si parla di fatti ispirati al mondo della cronaca. È stato il caso della serie 'The Good Mothers' che veniva da una storia vera e che poi mi ha portato a dirigere in Scozia degli episodi di Dept. Q. Comunque fatti di cronaca capaci di illuminare alcuni aspetti del nostro modo di vivere, in cui emerga un aspetto sociale in modo che chiunque li veda possa provare indignazione, rabbia. Smuovere le coscienze sicuramente è uno strumento molto potente che noi registi abbiamo e di questo strumento dobbiamo assolutamente fare buon uso. Il sogno sarebbe riuscirci facendo emozionare e non mandando dei messaggi dogmatici e quindi quando parlo di questo intendo il cinema di Truffaut". Rifarebbe il documentario su Chiara Ferragni? "Oggi sarebbe un'altra storia, allora ero incuriosita dalla figura che lei aveva creato di imprenditrice digitale, di influencer che non esisteva, oggi non saprei in che chiave si potrebbe raccontare la sua vita, probabilmente più come quella di un'ascesa che poi si infrange in una caduta". Amata è prodotto da Memo Films, Indiana Production e Rai Cinema.
M.Betschart--VB