Volkswacht Bodensee - La voce di Hind Rajab, ora la strada verso l'Oscar

La voce di Hind Rajab, ora la strada verso l'Oscar
La voce di Hind Rajab, ora la strada verso l'Oscar

La voce di Hind Rajab, ora la strada verso l'Oscar

Tra il sostegno di Brad Pitt e Hollywood che vira a destra

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(dell'inviata Francesca Pierleoni) Una partenza (abbastanza) lanciata verso gli Academy Awards: è il percorso al quale si appresta La voce di Hind Rajab della regista tunisina Kaouther Ben Hania, dopo aver vinto alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia il Leone d'argento - Gran premio della Giuria. Il film, che ripercorre la tragica storia della bambina di cinque anni morta a Gaza durante un attacco, dopo aver parlato per ore con gli operatori della Mezzaluna rossa che avevano tentato di salvarla, si presenta alla gara per la statuetta come candidato tunisino all'Oscar per miglior film internazionale. Una corsa nella quale il film, accolto alla proiezione ufficiale al Lido da 24 minuti di applausi, ha come punti di forza oltre a una messa in scena impeccabile e la straordinaria potenza emotiva della storia (moltiplicata dalla presenza nelle scene dei veri audio delle conversazioni con la piccola), il supporto in veste di produttori esecutivi di star di Hollywood come Brad Pitt, Joaquin Phoenix e Rooney Mara e di registi come Alfonso Cuaron e Jonathan Glazer. Nomi che renderanno molto più agevole la campagna agli Oscar per la statuetta, per una cineasta che comunque ne conosce bene i meccanismi, essendo già arrivata in cinquina finale con L'uomo che vendette la sua pelle (2021). Quello delle star di Hollywood è "un supporto che speriamo ci aiuterà a diffondere ancora di più e rendere ancora più forte la voce di questa bambina, in modo che sia ascoltata da più persone possibili e della loro coscienze" ha detto Kaouther Ben Hania all'ANSA. Senza contare che il film, ancora prima di Venezia, ha già ottenuto vendite in tutto il mondo. A molti, anche per questo, è parsa una soluzione pilatesca premiare il film solo con il Leone d'argento, ma il cauto presidente di giuria Alexander Payne se l'è cavata con risposte diplomatiche nello spiegare il verdetto: "Queste sono le ingiustizie dei festival, si deve dire questo è meglio di quello, e non lo è". Payne ha assicurato però che sono stati amati tanto il film di Jim Jarmusch, Father Mother Sister Brother, premiato con il Leone d'Oro, quanto quello di Ben Hania e ha sottolineato che per decidere sui un premi lo scarto è stato "a volte dello 000.1%". Fatto sta che vedere un film, implicito atto d'accusa alla politica di Netanyahu, partire nella corsa all'Oscar senza la forza propulsiva del Leone d'oro, potrebbe rasserenare una parte di Hollywood, quella che che ha scelto negli ultimi mesi (vedi il caso Paramount) una linea politica 'blanda' che non attiri più gli strali di Trump. Soprattutto in un momento in cui la 'mecca del cinema' affronta la minaccia dei dazi e la diminuzione delle produzioni. Senza contare che su La voce di Hind Rajab, per quanto prevalga largamente un coro di plausi, c'è anche un gruppetto di voci critiche, secondo cui il film avrebbe avuto un vantaggio ingiusto rispetto al valore cinematografico per la potenza della storia. Saranno i prossimi mesi a dirci quanto quella voce da Gaza di una bambina che continua a chiedere 'Per favore, venitemi a prendere' riuscirà a scuotere anche Hollywood.

La voce di Hind Rajab, ora la strada verso l'Oscar

R.Fischer--VB