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L'incanto, dall'Odeon di Milano al cinema di Avati
Il documentario di Pessina al Lido nelle Giornate degli Autori
Il 31 luglio 2023, esattamente due anni fa, chiudeva il Cinema Odeon di Milano, capolavoro déco su tre piani, inaugurato nel 1929 e ora destinato, stando alle notizie più recenti, a diventare la Beauty hall di un grande magazzino del lusso. A progettare il monumentale edificio vicino al duomo era stato un grande architetto, Aldo Avati, zio di Pupi e bisnonno dell'autore e regista Tomaso Pessina. Traiettorie nel cinema sognato, realizzato e visto sul grande schermo, che convergono in L'incanto, documentario di Pessina che debutta in Confronti alle Giornate degli Autori, sezione autonoma e parallela alla Mostra del cinema di Venezia (27 agosto 6 settembre). Si viene immersi in un doppio racconto, quello sulla sala milanese e quello su Avati e i suoi film, grazie a un filo rosso: l''incanto, descritto proprio in una delle opere simbolo di Avati Una gita scolastica come "una specie di spirito, un buon compagno di strada". Quando "ho letto sul giornale della chiusura dell'Odeon - spiega Pessina all'ANSA - l'idea narrativa per questo documentario è stata naturale, perché andava a congiungere, chi il cinema lo fa a dove il cinema si consuma. Un incontro a cui potevo aggiungere un punto di vista forte, per il mio legame con Aldo Avati e con Pupi" del quale Pessina, oltre a essere un nipote alla lontana, è stato collaboratore per 18 anni. Di fronte alla cinepresa, Avati ripercorre con intensità e humour il suo innamoramento per il cinema, nato da Otto e mezzo di Fellini e le scelte a che l'hanno portato a diventare un cineasta prolifico capace di unire racconto personale e viaggio nei generi: "Da quando ho iniziato il documentario, tre anni fa, lui ha fatto quattro film" spiega sorridendo Pessina. Il documentario "segue più linee narrative che fluiscono l'una nell'altra" anche attraverso inserti di un'animazione pittorica sui fotogrammi, ideati dall'art director Elisabetta Bianchi. Tutto per raccontare "come il nostro immaginario, il nostro incanto si sedimenti sui film trasformandoli, intersecando memoria e immaginazione". Pessina, classe 1965, ha lavorato in molti film, documentari corti e spot, "ma quando vai per la prima volta su un set di Pupi, capisci cosa voglia dire essere un maestro: oltre ad avere un carisma dirompente, lui ha la passione di narrare storie e questo documentario ne è una testimonianza".
F.Mueller--VB