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Scrivere musica pensando al pubblico, 70 anni di D'Amico
una scrittura agile, vivace, di contrasti ritmici e timbrici
(di Paolo Petroni) ''Io, come pochi altri della mia generazione, a un certo punto mi sono posto il problema del rapporto della nostra musica col pubblico'', racconta il compositore Matteo D'Amico in occasione dei festeggiamenti per i suoi 70 anni, domani 27 giugno, quando l'Accademia Filarmonica, di cui è stato anche due volte direttore, l'ultima 2014-17, gli dedica alla Sala Casella l'esecuzione di tre pezzi ispirati a poesie di Pasolini, di Auden e un brano per pianoforte, solista Greta Lobefaro e voce Chiara Osella. ''Il nostro sistema musicale ancora oggi punta molto sul linguaggio, lo stile, la forma, creando opere che fanno fatica a valicare la cerchia degli addetti ai lavori, mentre io alla fine degli anni '90 a un certo punto ho sentito che su quella strada indicatami da maestri come Donadoni e altri non potevo dare di più - spiega sempre D'Amico - avevo creato delle belle cose, ma averi potuto solo ripetermi, senza crescere. L'aiuto mi venne da Henze, che mi chiamò a Montepulciano a creare la mia prima opera, Gli spiriti dell'aria, e scoprii il fascino di scrivere musica per la voce, e da allora ne ho scritte varie altre''. Sono anni di crescita e conferme col primo premio ai concorsi internazionali di composizione Martin Codax 1985, Valentino Bucchi 1985, MC2- Radio France 1985 e, nel 1988 il Music Today World Contest di Tokyo, giudice unico Toru Takemitsu, con la composizione L'Azur su testi di Mallarmé, che segna l'inizio di un lungo percorso nel rapporto tra musica e poesia, specie appunto con Mallarmé. ''Mi accorsi dell'importanza di ricercare un contatto con le altre arti, dalla letteratura al teatro, e pensai che, se si chiede tempo e attenzione a qualcuno per ascoltarti, non puoi limitarti a proporgli il tuo nobile esercizio personale, ma devi interessarlo e coinvolgerlo con un messaggio, cui certo devi dare sostanza musicale, una ricchezza espressiva, uno spessore di qualità''. Nato a Roma nel 1955, Matteo D'Amico è stato avviato allo studio della composizione da Barbara Giuranna, diplomandosi in Composizione al Conservatorio di Santa Cecilia sotto la guida di Guido Turchi e Irma Ravinale, perfezionandosi con Franco Donatoni. Formatosi in ambito romano, fortemente influenzato dalla personalità di Goffredo Petrassi, e passato poi attraverso l'esperienza donatoniana, D'Amico è stato fin dagli esordi naturalmente portato a considerare con maggior attenzione gli aspetti razionali e discorsivi della ricerca compositiva, condensandoli in una scrittura agile, vivace e ricca di contrasti ritmici e timbrici. Si è anche laureato in Lettere con una tesi in Storia del Teatro e si è poi dedicato alla musica di scena con registi di prosa, da Squarzina a Cobelli, da Missiroli a Scaparro. La scrittura per la voce e l'interesse per la poesia lo portano nel 1998 a scrivere Rime d'amore su testi di Torquato Tasso, eseguito a Santa Cecilia con la direzione di Giuseppe Sinopoli. Nel 2006 Auden Cabaret è nella terna dei finalisti al Prix Italia, presentato da RAI-Radio Tre. Nel 2011, sempre per l'Orchestra di Santa Cecilia, Antonio Pappano tiene a battesimo Veni veni Mephostophilis, tratto dal Faustus di Marlowe, e nel 2012 Flight from Byzantium, su testi di Brodsky, debutta alla Royal Festival Hall di Londra diretto da Vladimir Jurovskij, solo per citare alcune cose, cui si aggiungono le sue composizioni di musica sacra. E' il risultato dell'evoluzione di chi si è formato in un periodo, diciamo gli ultimi 25 anni del Novecento, di passaggio e cambiamento, esaurito quel canone di ricerca e avanguardia nato dal bisogno di rinnovarsi subito dopo la fine della guerra e codificato annualmente dal festival, seminari e incontri di Darmstadt e personaggi quali Nono, Maderna, Boulez e Stockhausen che partono dal serialismo, acquisito dall'opera dodecafonica di Webern, con lo svantaggio di operare in anni difficili e poveri in cui tutto era da ricostruire e il vantaggio di avere il sostegno in questa ricerca di tutta la società civile. ''Noi siamo nati come artisti schiacciati da questa eredità - ricorda D'Amico - ma mentre dall'America arrivavano i minimalisti e Cage aveva lottato contro le gabbie di geometrie e strutturalismo, così che faticando per un po' ognuno di noi trovò la propria strada, arrivando a frutti maturi personali negli anni attorno al 2000''. Questi 70 anni sono così segnati anche dall'uscita di un Cd Le creature di Ade edito da Stradivarius con vari pezzi legati a testi poetici da Auden a Mallarmé e un pezzo per piano solo con l'Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano diretta da Carlo Boccadoro e la voce di Chiara Osella, poi dalla prima esecuzione a marzo di Les Nuages per coro misto e strumenti su versi di Hugo, Baudelaire e Mallarmé a Santa Cecilia e quella il 12 luglio di Herodiade, scena lirica su testo di Mallarmé per due soprani ed ensemble, che debutterà a Siena al Festival della Chigiana. Matteo D'Amico ha tra l'altro tenuto la cattedra di Composizione al Conservatorio Santa Cecilia fino al 2022; dal 2000 al 2002 è stato direttore artistico del Comunale di Bologna. Dal 2006 è Accademico di Santa Cecilia e della Filarmonica Romana.
E.Gasser--VB