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Farmaco anti-colesterolo possibile arma contro la demenza
Positivi i primi test di laboratorio su organoidi di cervello
Un farmaco comunemente usato per ridurre il colesterolo, il bezafibrato, potrebbe rivelarsi utile nel trattamento della demenza frontotemporale, una grave malattia neurodegenerativa che colpisce in età relativamente precoce compromettendo il comportamento, il linguaggio e le funzioni cognitive. Lo dimostra uno studio condotto su organoidi cerebrali, ovvero modelli di cervello in miniatura che riproducono i meccanismi alla base della malattia. I risultati sono pubblicati sulla rivista Alzheimer's & Dementia dai ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia, in collaborazione con la Sapienza Università di Roma e l'Università di Losanna. La demenza frontotemporale è una malattia neurodegenerativa ad oggi incurabile che colpisce in modo specifico i lobi frontali e temporali del cervello, le aree responsabili del comportamento, del linguaggio, della personalità e del controllo delle emozioni. In alcune forme ereditarie la malattia è causata da mutazioni nella proteina tau, che ha un ruolo cruciale nel funzionamento dei neuroni. Proprio usando cellule di pazienti affetti da demenza frontotemporale con mutazione della proteina tau, i ricercatori hanno sviluppato degli organoidi cerebrali che riproducono alcune caratteristiche tipiche della malattia: perdita di connessioni tra i neuroni, ridotta attività funzionale e accumulo della proteina tau patologica. Il trattamento con bezafibrato ha favorito l'aumento delle connessioni tra neuroni e il recupero parziale dell'attività funzionale negli organoidi. Inoltre, è stata osservata una riduzione della proteina tau patologica, una dei principali fattori responsabili della neurodegenerazione. Come prossimo passo, il team di ricerca intende perfezionare i propri organoidi cerebrali per replicare in modo più accurato il processo di invecchiamento, includendo anche le cellule del sistema immunitario normalmente presenti nel cervello. In parallelo, saranno usate tecniche elettrofisiologiche avanzate per analizzare in modo più approfondito i meccanismi di comunicazione tra neuroni e la formazione delle reti neurali. "Questo approccio - conclude la coordinatrice dello studio Silvia Di Angelantonio di Iit- ci guiderà nell'identificazione di nuovi bersagli terapeutici e nello sviluppo di trattamenti efficaci per le devastanti malattie neurodegenerative."
E.Burkhard--VB