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Epatite C, in Italia solo 12% popolazione target fa i test
Progetto "Test in the city" di Gilead per accelerare screening
Al 30 giugno 2024 sono state testate oltre 2 milioni di persone e rilevate quasi 15mila infezioni attive da epatite C. Nonostante l'Italia sia uno dei pochi Paesi al mondo con un fondo dedicato allo screening gratuito, solo il 12% della popolazione generale target ha effettuato il test dell'epatite C di primo livello. Ogni anno il 28 luglio si celebra la giornata di sensibilizzazione su tali infezioni, e nell'ottica di allargare lo screening è nato il progetto "Test in the city" promosso da Gilead Sciences in collaborazione con la Rete Fast Track Cities italiane e Relab, che a oggi coinvolge 14 città ed è rivolta alle popolazioni migranti e a persone che utilizzano sostanze. "L'idea nasce dalla necessità di avvicinare queste persone nei luoghi che frequentano così da rendere più agevole l'esecuzione dei test rapidi per epatite C e B, e quindi anche delta, e Hiv", spiega Paolo Meli, coordinatore nazionale. "Abbiamo potuto intercettare situazioni che altrimenti sarebbero rimaste sommerse, garantendo loro un percorso di salute". Grazie al progetto sono stati eseguiti finora circa 4mila test per Hiv, Hcv ed Hbv. Il 2,48% è risultato positivo ad una o più infezioni; circa il 60% dei testati aveva tra i 20 e i 40 anni e per quasi i due terzi erano di sesso maschile. Nei casi di positività, una volta confermato l'esito, in quasi tutti i casi è stato attivato un percorso di presa in carico. Lo screening per epatite C è "capace di individuare questa infezione asintomatica che dovrebbe essere curata precocemente", spiega Antonio Gasbarrini, direttore scientifico della Fondazione Gemelli. "In Italia si stimano ancora oltre 300mila persone infette, asintomatiche e pertanto non diagnosticate. Uno screening allargato della popolazione generale porterebbe a una riduzione in 10 anni di circa 5.600 decessi, 3.500 epatocarcinomi e/o oltre 3mila scompensi epatici". "L'auspicio è che lo screening non solo venga rifinanziato, ma ne vengano ampliati i criteri di inclusione e le strategie di attuazione", conclude Stefano Fagiuoli, direttore Uoc Gastroenterologia, epatologia e trapiantologia Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo. L'Italia è stata uno dei primi Paesi a pianificare una strategia per eradicare l'infezione entro il 2030 secondo quanto indicato dall'Oms. "Ma data la situazione attuale è impensabile raggiungerlo, è evidente che si deve fare di più".
K.Hofmann--VB