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Indagini per rivolta in carcere Prato, nuove perquisizioni
Disordini il 4 giugno e il 5 luglio a La Dogaia
Inchiesta per il delitto di rivolta dopo i disordini al carcere di Prato del 4 giugno e del 5 luglio scorso e nuove perquisizioni ai detenuti. Lo stesso fascicolo ipotizza i reati di resistenza, lesioni e danneggiamenti. Il 5 luglio una decina di detenuti si barricò nella Media Sicurezza tentando di incendiare materiali, brandendo spranghe e cacciaviti e sfondando i cancelli con brande. Servì l'intervento di agenti antisommossa a riportare la calma. Un episodio simile il 4 giugno, quando cinque detenuti, italiani, marocchini e libici, minacciarono gli agenti con "stasera si fa la guerra" o "si muore solo una volta, o noi o voi". I magistrati vogliono verificare anche alcune "condotte collusive" interne alla struttura e al vaglio ci sarebbe il ruolo di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria mentre è stato chiesto il coinvolgimento del prefetto e del questore per rafforzare la sicurezza anche all'esterno del carcere. Solo nell'ultimo anno - informa con una nota il procuratore Luca Tescaroli - sono stati sequestrati 41 telefoni cellulari, tre schede sim e un router, ma il numero reale di dispositivi utilizzati dai detenuti potrebbe essere ancora più alto. Secondo le ultime indagini, infatti, nuovi telefoni sono risultati attivi anche dopo le perquisizioni della maxi operazione del 28 giugno scorso, con accessi documentati il 29 giugno, ma anche l'1 e 2 luglio. Strumenti tecnologici che, secondo gli inquirenti, entrano in carcere sfruttando "la libertà di movimento dei detenuti in permesso e la compiacenza di alcuni agenti della polizia penitenziaria". Un detenuto della sezione Alta Sicurezza pubblicava su TikTok le foto della sua cella. Altri sono accusati con la complicità di agenti corrotti o la copertura di permessi premio, di gestire telefoni, router e comunicazioni all'esterno.
B.Wyler--VB