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'Torturato nei lager andrò a salutare Francesco'
'Mi accarezzava le ferite, mondo ha bisogno di un Papa come lui'
(di Domenico Palesse) Quando parla di papa Francesco, e di quell'incontro in Vaticano, Ibrahima ha la voce rotta dalla commozione. "Mi ha ascoltato ad occhi chiusi per 45 minuti, accarezzandomi le cicatrici sulle mani", dice. Sabato al funerale del suo "salvagente" - come ama definire Bergoglio - ci sarà anche lui, accanto agli altri migranti e ai soccorritori di Mediterranea per augurare 'buon vento' all'esclusivo 'membro dell'equipaggio' dell'ong che salva le vite in mare. Abito scuro, giacchetto elegante e il sorriso di un giovane 24enne, oggi Ibrahima ha voluto rendere omaggio alla salma del Papa, raccontando la sua storia anche ai cardinali incontrati all'uscita dalla basilica di San Pietro. Un viaggio di sei mesi, dal Senegal all'Italia, attraverso gli stenti del deserto e le torture dei lager libici. "Sono stato rinchiuso per mesi - ricorda -, torturato, umiliato, costretto ad assistere alla morte di tante persone, agli stupri e alle violenze. Sono ferite che non hanno segnato solo la mia pelle, ma il mio animo, che mi porterò dietro per sempre". Lo scorso luglio l'incontro a Casa Santa Marta, oltre un ora al cospetto del Pontefice, "che mi ha ascoltato in silenzio, senza neanche muoversi per tutto il tempo". "È stato un momento che mi ha toccato molto. È rimasto ad ascoltarmi per tutto quel tempo nonostante l'età. Gli ho raccontato tutto, del mio viaggio ma anche della mia religione, l'Islam - ricorda ancora -. 'Siamo tutti fratelli' mi ha risposto". Oggi Ibrahima ha al suo attivo due libri, e gira scuole e università per raccontare la sua storia, perché tutti possano comprendere la disperazione e il dolore dei migranti che fuggono in cerca di una speranza in Europa. "Francesco non era solo un padre per i cristiani, ma un compagno, un attivista della lotta al nostro fianco - sottolinea il senegalese -. Era uno che si batteva ogni giorno per le persone rinchiuse nei lager, contro le morti nel Mediterraneo o nel deserto. Era una persona che lanciava in continuazione appelli per un mondo senza sangue e senza guerre. Lo ha fatto con il cuore e non è un caso che il suo primo viaggio apostolico sia stato proprio a Lampedusa per ricordare le vittime dei naufragi". "Al termine del nostro incontro - ricorda ancora Ibrahima - mi ha chiesto se avevo i documenti e un lavoro perché avrebbe voluto offrirmeli. Io però voglio andare in giro e dare voce alle persone, a chi non ne ha. Per questo ho declinato gentilmente, ma ho ringraziato di cuore". Sabato, a piazza San Pietro, ci sarà, elegante e sorridente come sempre, perché - come dice - "il mondo ha bisogno ancora in un Papa come lui".
F.Fehr--VB