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Predator: Badlands, quando ti identifichi con un mostro cattivo
In sala lo sci-fi action di Dan Trachtenberg con Elle Fanning
Ci si può affezionare a un Predator? Ovvero esattamente a Dek: uno Yautja, 2,5 metri d'altezza, guerriero per eccellenza, centocinquanta chili di peso, pelle da rettile e cranio con mandibole che si aprono in quattro, dotate di zanne ricurve sia per mangiare che per minacciare? Sì, se è il protagonista di uno science fiction action come quello di Dan Trachtenberg, 'Predator: Badlands', in sala con Walt Disney Company. Settimo film della serie Predator (non contando spin-off e crossover), e il primo però con classificazione PG-13 negli Stati Uniti, rating che apre a un pubblico più ampio rispetto a quello tradizionale della saga. Nel film, come già anticipato, il Predator non è però più solo il "mostro" odiato da tutti, ma una sorta di loser della sua specie in cerca di riscatto all'interno della sua razza, che vuol dire solo una cosa: ferocia assoluta nell'uccidere più nemici possibile. Così per mettere a posto la fiducia in se stesso, il nostro Predator si misura con il pianeta più pericoloso di tutti, dove anche l'erba è lama di coltello, i fiori sono bombe pronte ad esplodere e il mostro da sconfiggere ha una caratteristica non da poco: si autorigenera. Che fa allora questo Predator (Dimitrius Schuster-Koloamatangi) dagli occhi piccoli e incassati di colore giallo e la bocca aperta a ventaglio come quella degli insetti predatori terrestri? Affronta ogni pericolo di questo mondo maledetto trovando come solo alleato Thia (Elle Fanning), un androide creato dalla corporazione Weyland-Yutani (nota ai fan dell'universo di Alien). Un androide in realtà diviso esattamente a metà, ha infatti perso le gambe in battaglia, ma nonostante questo è del tutto attivo e perfetto nell'aiutare il Predator che nel frattempo comincia a mostrare un'inaspettata empatia.
C.Kreuzer--VB