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Italia agli Oscar: Gavazzi, come stare in Pretty Woman
Direttore della fotografia romano in lizza per un cortometraggio
(di Lucia Magi) La settimana prima degli Oscar assomiglia a un film, per Andrea Gavazzi. "Mi sento come dentro Pretty Woman: a fare shopping nelle boutique di lusso di Beverly Hills", esclama incredulo questo romano di 34 anni, che domenica prenderà posto al Dolby Theatre nella speranza che A Lien, di cui firma la fotografia, vinca la statuetta come miglior cortometraggio live action del 2024. Gli ultimi giorni, in volata verso la notte delle stelle, "sono surreali", ammette parlando con l'ANSA subito dopo aver misurato per la penultima volta il vestito che i sarti dell'atelier Giorgio Armani di Rodeo Drive gli stanno aggiustando addosso. Gavazzi lavora come direttore della fotografia con un piede a New York e l'altro a Los Angeles. Di recente, è stato dietro la telecamera per Susana, un corto di Gerardo Coello Escalante e Amandine Thomas che segue una turista americana in Messico e che ha riscosso buone critiche all'ultimo Sundance Festival. "Lavoro molto anche in pubblicità", spiega. È per questo che, quando ha scoperto che avrebbe fatto parte della delegazione dei nominati agli Oscar, ha messo mano all'agenda e ha chiamato "un po' di marchi importanti. Quando mi ricapita?", si chiede divertito, aggiungendo: "Per l'occasione abbiamo preso anche una stylist, Santa Bevacqua, anche lei italiana, ma residente a Los Angeles". I registi (e anche sceneggiatori e produttori) del corto, girato in cinque giorni in New Jersey nel 2023, sono i fratelli David e Sam Cutler-Kreutz, amici da anni di Gavazzi. Sul tappeto rosso saranno tutti insieme: "Vengono i loro genitori, gli attori, i produttori. Saremo una decina. Abbiamo affittato una casa e partiamo da lì, un po' come una gita di famiglia", dice l'unico italiano del gruppo. E ride: "Abbiamo un po' di problemi a mettere a punto il look di Sam, perché fa il maestro ed è in gita con gli studenti fino a sabato!". È stato proprio quest'ultimo a contattare Gavazzi con la sceneggiatura: "Quando l'ho letta, qualcosa si è mosso dentro di me. Anch'io sono emigrato negli Stati Uniti 10 anni fa, quindi so bene quanto possa diventare complicato e crudele il sistema. Inoltre, sono nato a San Paolo, perché mio padre è brasiliano. Quando ci siamo trasferiti a Roma avevo sette anni. Capisco cosa vuol dire sentirsi straniero". A Lien racconta in 14 minuti di tensione e sbigottimento puri l'appuntamento di una coppia all'ufficio dell'immigrazione. Americana lei; di origine latina lui, che deve sostenere l'intervista per ottenere la green card per diritto matrimoniale. "La storia è ambientata prima della pandemia Covid-19, quando Trump era al suo primo mandato. Certo, non immaginavamo che cinque anni dopo saremmo stati nella stessa situazione", riflette il direttore della fotografia.
O.Schlaepfer--VB